Proteine: quali, quante e perché
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La parola proteina deriva dal greco e significa di primaria importanza.
Voglio cominciare questo articolo dedicato alle proteine soffermandomi sul significato della parola stessa per sottolineare quanto sia importante questo macro nutriente all’interno della nostra vita.
Le proteine oltre ad avere un ruolo importante nella modulazione del nostro metabolismo e di alcuni nostri ormoni, assolvono a quello che viene definito il ruolo principale, ovvero il ruolo di costituire in prevalenza la nostra struttura corporea.
Muscoli, tessuto, connettivo, tendini, sono in gran parte costituiti da proteine. Il loro buono stato di salute dipende dal modo in cui ci alimentiamo quotidianamente.
Anche l’università di Harvard sottolinea l’importanza delle proteine inserendole costantemente all’interno dei nostri pasti principali al 25%, a livello di volume.
>>> Guarda il mio video sulle proteine integrali! <<<
Le proteine si suddividono in due categorie:
1. Le proteine derivanti da fonti animali
All’interno di questo gruppo abbiamo carne, pesce, uova, latte e derivati.
Nel consumare questi alimenti dobbiamo fare un po’ di attenzione in quanto, in molti casi, le fonti proteiche animali si portano dietro un bel po’ di acidi grassi saturi.
Se assunti quotidianamente in maniera eccessiva, risultano essere dannosi per la nostra salute.
Cosa ben diversa se parliamo di pesce (soprattutto se pesce azzurro), il quale porta con sé un buon quantitativo di acidi grassi polinsaturi, salubri e positivi per la nostra salute.
2. Le proteine derivanti da fonti vegetali
In questo gruppo abbiamo principalmente legumi, frutta secca e semi oleaginosi.
Per quanto riguarda i legumi, dobbiamo fare attenzione al quantitativo di carboidrati in essi presenti e cercare di accostarli maniera opportuna all’interno dei nostri pasti per evitare di esagerare con l’assunzione di questo macro nutriente.
Le proteine di derivazione vegetale non vengono definite proteine nobili, in quanto sono carenti di determinati aminoacidi (in particolar modo gli aminoacidi solforati: metionina e cisteina).
Va, tuttavia sottolineato, che se noi li combiniamo in maniera corretta con un cereale integrale ad esempio, andiamo a creare quella che viene definita mutua compensazione proteica: una catena amminoacidica completa.
In molti casi mi sono trovato di fronte a commenti o discussioni dove ho riscontrato una certa titubanza nel catalogare i legumi come una vera fonte proteica.
Per cercare di essere il più allineato possibile con la comunità medico-scientifica, ho verificato ciò che è indicato nell’ultimo dossier scientifico CREA (Linee Guida per una sana alimentazione – Dossier scientifico – Centro di ricerca Alimenti e Nutrizione).
Nel dossier, il gruppo alimentare numero 3 è costituito da: carne, pesce, uova e legumi.
Va specificato che questa decisione deriva da un gruppo di studiosi che hanno preso in considerazione più di 40 studi scientifici.
Gli stessi studiosi sono arrivati a questa conclusione: “Nonostante siano di origine vegetali, i legumi oltre a rilevanti quantità di amido, di fibra alimentare, forniscono notevoli quantità di proteine di buona qualità biologica, ferro e altri oligoelementi che sono caratteristici della carne del pesce e delle uova. Vengono quindi inseriti in questo gruppo in quanto costituiscono un buon sostituto di alimenti di origine animale.”
Vediamo di capire un po’ meglio qual è il quantitativo effettivo di proteine che dovremmo assumere quotidianamente.
La comunità medico-scientifica ha dato da tempo alcuni dati di riferimento, i quali si attestano tra i 0,8 grammi di proteine per kg corporeo fino ad arrivare a 2 grammi di proteine per kg corporeo (ad esempio per persone che hanno che fanno attività fisica intensa e ripetuta durante la settimana).
Visto che 0,8 grammi di proteine per kg corporeo sono il riferimento per un individuo “quasi sedentario”, ad una persona mediamente attiva servono circa un grammo di proteine per kg corporeo a livello quotidiano.
Facendo un esempio: io sono 78 kg, ho necessità di introdurre quotidianamente di almeno un 78 g di proteine e sottolineo sempre “di proteine non di fonti proteiche”, perché 100 g di petto di pollo non corrispondono a 100 g di proteine.
Ecco che ci viene in aiuto un altro dato importante (sempre dalla comunità medico-scientifica) la quale ha redatto delle tabelle (Tabelle Larn – Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana), creando quelle che vengono definite le porzioni standard.
Ad esempio, la porzione standard di carne rossa è di 100 grammi (porzione standard suggerita per i pasti principali), i quali apportano dai 20 ai 25 g di proteine e, viene suggerita anche la frequenza settimanale dei vali alimenti.
Dopo queste doverose specificazioni, è determinante capire quanto la scelta, la selezione della materia prima, la metodologia di lavorazione e l’eventuale conservazione, siano dei passaggi fondamentali.
Per quanto riguarda la scelta dobbiamo essere consapevoli che ad esempio, sono tutt’altro che sostenibili (sia dal punto di vista ecologico che dal punto di vista etico) gli allevamenti intensivi.
Se solo rispettassimo un po’ di più il concerto del piatto unico, saremmo tutti maggiormente tutelati, noi, cos’ come il pianeta in cui viviamo, nonché tutti gli altri esseri viventi.
È altresì interessante capire che la modalità di lavorazione e l’eventuale cottura delle fonti proteiche hanno una certa rilevanza nei confronti della loro bio disponibilità, ossia della capacità che ha il nostro corpo di ricevere, assimilare e digerire al meglio gli alimenti introdotti.
Una proteina allo stato naturale possiede una certa capacità di trattenere i liquidi. Nel momento in cui la esponiamo ad una fonte di calore, la stessa proteina inizia a “distendersi”, pur sempre mantenendo la sua capacità di trattenere l’acqua (una proteina distesa è preferibile per la nostra di gestione per l’assimilazione del nostro corpo).
Se superiamo con la cottura determinate soglie di temperatura, la proteina subisce un’ulteriore trasformazione e tende a perdere il liquido che contiene. Con il liquido se ne vanno parte dei micronutrienti e soprattutto, si ottiene un risultato, che in cucina viene definito “stopposo”, non assolutamente appagante sotto il profilo del gusto.
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